Uno degli obiettivi del leader è quello di promuovere e stimolare il cambiamento. Il successo nel cambiamento culturale si basa sulla mobilitazione di elevati livelli di energia, e dunque non può essere demandato ad una leadership qualsiasi. Questo risultato si ottiene attraverso lo sviluppo di una forte leadership innovativa da parte di chi guida il cambiamento, l’unica capace di mobilitare in ogni individuo tutta l’energia che può esprimere, stimolando la curiosità intellettuale, la libertà di espressione e di azione.
Nel volume “L’impresa guidata dai valori”, il prof. Franco D’Egidio considera proprio la visione e i valori come «fonti energetiche» capaci di generare il cambiamento culturale; partendo dalla formula del prof. Albert Einstein che trasforma la massa in energia,
e cambiandola in E=MV2, il prof. Franco D’Egidio afferma che per dare energia «E» alle aziende, bisogna disporre di un management «M» che giochi sulla doppia «V», ovvero visione e valori.
«La visione», spiega il prof. D’Egidio, «risponde alla domanda: cosa stiamo costruendo insieme? I valori rispondono alla domanda: come facciamo le cose qui?».
La capacità di definire e di trasmettere adeguatamente la visione e i valori aiuta a costruire una cultura dove ognuno è profondamente impegnato.
Questo risultato si ottiene colmando tre gap.
Il primo gap è tra la percezione del management e quella del cliente interno ed esterno. Ad esempio, se si chiede ad un manager qual è la situazione del clima aziendale o la qualità dei rapporti tra manager e collaboratori, egli fornirà un quadro sufficientemente positivo; se poi si intervistano i collaboratori, il profilo che ne scaturisce è decisamente diverso, poiché emergono elementi critici di cui il management non è affatto consapevole.
La criticità e le lamentele vanno dalla non chiarezza degli obiettivi alla mancanza di delega, dalla non fiducia all’assenza di riconoscimenti per un lavoro ben fatto. Analogo discorso per il cliente esterno; il management potrebbe presumere che l’organizzazione sia in grado di erogare una buona qualità del servizio, mentre il cliente percepisce il suo esatto contrario, in quanto c’è assenza di rilevazioni sistematiche sul grado di soddisfazione dei clienti.
Il secondo gap è quello relativo al divario tra le prestazioni reali di un individuo (quelle che caratterizzano la quotidianità) e quelle ideali. Ricerche in campo aziendale hanno verificato che ogni individuo ha una prestazione ideale a cui tendere, definita livello di performance ideale; l’avvicinarsi a questo livello genera un senso di appagamento, di benessere, che consolida l’autostima.
La pulsione al fare che ci fa muovere verso il livello «IP» (ideal performance), richiede la presenza di certe condizioni che ne favoriscono l’evento. E’ per la mancanza di queste condizioni che nella quotidianità la maggioranza delle persone esprime un livello di prestazioni basso, detto livello «AP» (actual performance), ovvero prestazione reale; pertanto le persone che sono scarsamente impegnate e che non sono motivate, esprimono il minimo indispensabile. Da qui la necessità di creare le condizioni perché il livello «AP» possa avvicinarsi al livello «IP»; la progressiva chiusura di questo gap libera l’energia non espressa. Per creare queste condizioni occorre dunque attivare una leadership innovativa, pienamente consapevole dei fattori che favoriscono la mobilitazione del potenziale energetico inespresso.
Il terzo gap è quello tra la visione che il vertice aziendale deve definire, trasmettere e far condividere, e la realtà corrente. Anche la chiusura di questo gap richiede lo sviluppo di un nuovo tipo di leadership, che non riguarda solo il vertice, ma tutto il management. E’ dunque fondamentale da parte del vertice aziendale, definire la missione della società, la visione, i valori, e conseguentemente gli obiettivi strategici e le politiche per attuarli, trasmetterli alla popolazione aziendale e farli sentire responsabili del risultato aziendale. In definitiva, occorre una leadership capace di creare una visione ispiratrice che aiuti il cambiamento e la sua diffusione, capace di generare entusiasmo, infondere fiducia e ottenere credibilità, consentire agli altri di assumersi le responsabilità di decidere ed agire, promuovere lo sviluppo e la crescita personale, rafforzando l’autostima.
Ma esiste questa leadership? Vi chiederete.
Certo che esiste! E’ la Leadership Empowering.
Una leadership che stimola, infonde energia e fiducia, motiva e libera, fa sentire capaci e autonomi, rafforza l’autoefficacia, scoraggia comportamenti passivi.
Manager che abbandonano la “paura della sottrazione del ruolo”, la “politica negativa” del “io vinco tu perdi”, per quella positiva incentrata sulle “relazioni cooperative e coese”.
Assistiamo dunque al riposizionamento del manager da capo controllore al vertice di una piramide, a facilitatore posto tra i membri del gruppo, a consulente/allenatore al di fuori del gruppo, interviene su richiesta.
La leadership empowering aiuta le persone a trovare nuovi modi di lavorare, rispettando tutti, qualunque sia il loro sesso, età, classe sociale, razza e posizione.
Come avviene tutto questo?
Attraverso le Domande Empowering! Siamo nel Coaching! Domande che incoraggiano le persone ad avere fiducia nel proprio pensiero e nella capacità di produrre soluzioni ai problemi.
E’ una rivoluzione culturale verso l’elevazione dell’individuo, la sua libertà e dignità sul lavoro, la rimozione degli ostacoli che impediscono lo sviluppo della consapevolezza delle proprie capacità personali.